DOV’È IL “BUON SELVAGGIO”?

di Patrick Frank, novembre 2001

 

Se le genti del neolitico non si trattavano con vicendevole gentilezza, forse erano gentili da un punto di vista ambientale. O forse no.

Secondo Jared Diamond, gli abitanti dell’Isola di Pasqua, gli Anasazi, i Creek, i Mediorientali, gli Hawaiani e diverse società polinesiane provocarono danni d’ampia portata ed irreversibili al loro ambiente con distruzione della foresta, della fauna e della flora.

Egli racconta come, quando i Polinesiani arrivarono verso il 400 d.C., l’Isola di Pasqua fosse coperta di palme e di boscaglia. Nel 1500 d.C. l’intera foresta era estinta e la popolazione, cresciuta fino a superare la capacità di carico, finì per dedicarsi alla guerra, alla tirannia, alla schiavitù ed al cannibalismo.

In modo simile, gli Hawaiani portarono all’estinzione almeno 50 specie di uccelli, comprese le aquile di mare e diversi tipi di grandi ibis incapaci di volare, e devastarono completamente l’ecologia delle terre più asciutte delle isole. Analogamente, tra il 1000 d.C. e il 1200 d.C., gli Anasazi del Chaco Canyon deforestarono irreversibilmente le terre circostanti fino ad una distanza di oltre 75 km, contribuendo al collasso della loro stessa società. E tanti saluti a 30.000 anni di benessere ecologico.

Nel suo libro, L’Indiano ecologico, Shepard Krech mostra che il rapporto tra gli indigeni nordamericani e l’ambiente fu nel migliore dei casi ambiguo. Per esempio, gli Hohokam dell’Arizona meridionale modificarono grandemente l’ecologia delle valli del Gila e del Salt River per mezzo di una massiccia irrigazione che portò alla salinizzazione ed all’esaurimento del suolo, fino al collasso della loro società urbana.

 

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Traduzione italiana di Carpanix — visitate www.oilcrash.com per leggere altri articoli riferiti a sovrappopolazione e sovraffollamento.